È difficile scegliere un solo posto da raccontare della nostra costa.
Sono tanti quelli belli, parecchi anche quelli brutti, tutti quelli con una storia da dire. Senza tralasciare che ciascun posto oltre a parlare di sé, parla soprattutto anche di chi lo abita… Ecco perché, non sapendo scegliere, il mio è un racconto itinerante.
Parla del caldo di agosto, di 3 amici in bicicletta, di una tenda e del nostro mare.
Della difficoltà di caricare “armi e bagagli”, pesantucci direi, su treni che si dicono a misura di bici. (E lì chiedersi “ma come le pensano?”, per non parlare di chi magari su due ruote diverse c’è sempre, e tutti i giorni o quasi deve salire su un treno.)
La biciclettata inizia a Zollino, poco più a sud di Lecce; la prima tappa marina è Sant’Andrea, sull’Adriatico. Da lì, in 3 giorni, saremo a Gallipoli. Nel mezzo, il tacco d’Italia.
A Punta Palascìa c’è il faro di Otranto “fuori le mura”, è il punto più a Est della Puglia. Pensate che sul cellulare arrivano i messaggi di benvenuto in Grecia, e in effetti basta guardarsi intorno per capire che non è poi così lontana.
A Sud c’è il “nostro capo Horn” (vabbè magari questa definizione è un po’ presuntuosa): l’effetto è strano, a Capo Santa Maria di Leuca, là dove si incontrano l’Adriatico e lo Ionio, l’orizzonte sembra parlare, viste le strisce di vento che si disegnano sul mare.
Tra questi due punti cardinali c’è forse la litoranea più bella.
Percorrerla in bici dà la possibilità di scorgere paesini deserti, fermarsi a parlare con ogni tipo di interlocutore, dai pescatori ai contadini, dal mare agli ulivi. Percorrerla in bici dà la possibilità di sognare una fontana in cima a salite interminabili, di lasciarsi incantare dalla meraviglia durante discese mozzafiato (non è mica tutta piatta, come si potrebbe pensare percorrendola in auto!).
Percorrerla in bici dà la possibilità di fermarsi dove l’acqua è più blu, poggiare dove capita il proprio mezzo e lanciarsi a prender fresco. Che meraviglia, i tuffi! Avete mai sentito parlare della Baia del Ciolo? No, non è una parolaccia. Pensate che i suoi amici dicono che anche don Tonino Bello amava lanciarsi da lì.
Per non parlare poi delle grotte: mica le vedi, se la strada è esattamente sopra. Devi saperlo. O seguire qualche timida indicazione (sulle indicazioni stradali salentine si potrebbe scrivere parecchio, ma perché non far divertire anche voi?). O avere la fortuna di scorgerle da qualche baia, e quindi poi riesci ad andare a salutare i pipistrelli che ci abitano.
Da Sud a Ovest il territorio cambia completamente: da Leuca a Gallipoli è quasi tutto piatto, non c’è la roccia che saluta l’Adriatico, ma perlopiù sabbie e scogli pieni di ombrelloni che fanno ombra al Tirreno. Solo che da qui vedi il sole che si tuffa in mare. (Dall’altra parte per vederlo dovresti svegliarti presto, o più facilmente fare nottata e aspettare l’alba.)
Salvo, poi, attendere con ansia il tramonto in mare per poi scoprire che il tanto pubblicizzato camping dove andrai a piantare la tenda prima che faccia buio è in cima a un salitone e ben distante dalla spiaggia.
Nonostante i chilometri nelle gambe, il ritorno in treno lascia qualcosa di disatteso. Ci siamo meravigliati parecchio, spesso per la bellezza e a volte per l’assurdità di certe porcherie, ma non ci sembra abbastanza. Ci mancano dei pezzi. Questa costa non l’abbiamo spulciata tutta, quanto altro ha da dire e da far scoprire non possiamo saperlo. Non ancora.
Luisa Gissi