Alessia è una delle penne di Cosebelle Magazine, a cui regala parole e pensieri sempre piacevoli da leggere, sempre stimolanti e freschi, come una ventata d’aria primaverile.
Noi di Apulia Slow Coast ci siamo sentiti oltremodo onorati, quindi, quando abbiamo letto su Cosebelle Magazine un suo pezzo che parla di mare, di costa, di cambiamenti, di quello che ci ha spinto a intraprendere la nostra avventura. E siamo contenti (e grati) che Alessia abbia voluto chiudere il suo racconto proprio con una citazione del nostro progetto…
A seguire, il racconto di costa di Alessia, cui va il nostro abbraccio e il nostro sentito ringraziamento:
L’acqua non è il mio elemento da quando, a otto anni, hanno deciso che il modo più veloce per insegnarmi a nuotare era mano in testa/testa sott’acqua. Per me bagno in mare significa solo occhi serrati e corpo rigido in attesa che quella spinta finisse. Eppure avevo un bel costumino intero rosso, con i pinguini, talmente bello che spesso ho provato ad indossarlo sopra il pigiama, in casa, quando credevo di non essere vista da nessuno.
Del costumino ho un bel ricordo.
Vivo nella Puglia più vicina al mare, di quella che «Ciao vado al mare», attraversi un isolato e «Ciao sono al mare». Il lusso estremo di poter arrivare in spiaggia a piedi, coi sandali in legno da trascinare sull’asfalto. C’è un rumore ben preciso che fa riconoscere i bagnanti in cammino verso la spiaggia, quello che ho sentito per tutti i primi anni della mia vita e che ha segnato, inesorabile, l’inizio di ogni estate. Prima un rimbalzare del legno sull’asfalto rovente e poi un trascinare, netto, velocissimo.
All’epoca si usava ancora fare il bagno sulla costa del lungomare perché l’acqua era pulita, o almeno lo sembrava, e nella spiaggia vicino casa mia c’era uno scoglio a forma di poltrona. Era essenziale andare in spiaggia molto presto perché solo così avrei avuto il dominio del mio scoglio poltrona, l’unico baluardo sicuro prima delle prove di coraggio in acqua. Prima di arrivare in spiaggia si passava persino da una stalla, perché non c’era niente di più ovvio che avere cinque adorabili mucche in riva al mare.
Sono cresciuta e del bagno in mare non ne ho voluto più sapere, ma ci vado sempre e cammino sul lungomare con l’aria spavalda perché la costa fa parte del mio DNA; in riva al mare ci vai a cercare conforto dopo le giornate deludenti, a respirare aria quando il vento soffia da mare, a spiare il porto e lo scempio urbanistico che ci è passato sotto gli occhi, a renderti conto che lì il bagno non si può più fare e forse nemmeno le gite in barca con camicia hawaiana e cappello di paglia.
E se un giorno, per caso, potessi prendermi il lusso di fare le stesse osservazioni ma da un punto di vista opposto? Se un giorno passeggiassi per mare, come vedrei il mio nuovo orizzonte? Cosa si proverebbe a sentirsi tramontare il sole alle spalle, sapendo che sul Gargano ti può capitare che il cappello di paglia col nastro fiorato voli via?
Michele, 35 di origine campane, ma pugliese per amore, non se lo pone affatto questo problema e ha deciso che, cascasse il mondo, lui vedrà tutta la costa pugliese in un viaggio lento e meditato, che partirà da Marina di Lesina e terminerà alla Marina di Ginosa, in pedalò. In barba alle probabili visioni mistiche.
A sostenerlo il collettivo di Apulia Slow Coast, un gruppo di creativi, filmaker e comunicatori che hanno creduto sin da subito nell’idea e hanno pensato che era la prima grande occasione per girarne un documentario per raccontare con tutti i mezzi possibili ciò che la costa pugliese è diventata. Anche loro in barba alle visioni mistiche.
L’intenzione è portare avanti una sfida personale, ma anche raccontare l’evoluzione della costa pugliese in questi ultimi anni per capire cosa c’è oltre alle bandiere blu, le acque splendenti del Salento e del Gargano e quanto bisogna irrigidire il cuore e i sentimenti guardando coi propri occhi gli effetti dell’incuria.
Questo è un monito per la mia città, ma anche un incoraggiamento per Michele e tutta Apulia Slow Coast: aspetto il vostro documentario perché poi anche io devo decidere cosa mi rimane di questo mare e di questa regione.
Attenti, però, al vento del Gargano e al cappellino di paglia.
Per scoprire i dettagli di Apulia Slow Coast e sostenere il progetto visitate il sito ufficiale, il profilo FB e interagite col loro profilo Twitter. E, perché no, provate ad inviare anche voi il vostro racconto di costa.
(photo credits: Amaracchia Instagram)